sabato 6 febbraio 2016

2 Jasper e Haru - il primo incontro




Senti, senti, dice Jasper ai suoi amici – rivolgendosi al singolare, come fosse il pubblico un sol uomo – riuniti come spesso accade per l’ora del tè; appuntamento nel quale le cavie di Haru e Jasper raccontano gli effetti di quella nuova sostanza da loro creata.
Dallo stereo del soggiorno di Haru vibrano sordi e potenti i bassi dei Tool, Hai sentito che voce? Che timbro, che carattere in un muro di suono così… monotono. Che poi mi hanno detto che usano chitarre a quattro corde, amplificatori da basso... non serve più a niente la tecnica. Basta una mezza idea sul ritmo, tanta post produzione e con una voce così l’effetto è assicurato.  
Come colto da un raptus Jasper prende la chitarra elettrica di Haru la collega al piccolo amplificatore Ibanez e comincia a percuoterla come un pazzo davanti a tutti. Jasper non sa suonare la chitarra. Per lo meno non nel modo convenzionale ma ha un ottimo orecchio musicale che gli permette spesso di sproloquiare con frasi tipo, Dammi qualsiasi strumento in mano e ti compongo una bella musica. Cosa in realtà non molto distante dal vero. In quel momento gli invitati erano tutti fra l’incredulo e il divertito. Anche perché Jasper imitava, anzi scimmiottava, la potente e ammaliante voce del cantante con gli occhi fuori dalle orbite, con la fronte corrugata e le vene gonfie tanto da renderlo paonazzo in viso. Finì la canzone e lo spettacolo di Jasper che si tolse la chitarra per poi sbatterla sul divano e commentare, Non ci vuole un cazzo a suonare la chitarra.
Haru si alza e con cura rimette la chitarra al suo posto, Rimane il fatto che non hai la costanza per imparare decentemente nessuno degli strumenti a cui ti sei approcciato e so che questo a te spiace. Come sei invidioso quando mi senti suonare e intrattenere, ma sei troppo orgoglioso per ammetterlo. Devi imparare a concentrarti, non vuoi faticare.
Non è raro che Haru lasci senza parole l’amico. L’unico a riuscire nell’intento.
Oh, il mio fratellino scemo che male che mi fa. Jasper proferisce queste parole buttandosi per terra come colto da un malore, Ma tanto lo sapete che ha ragione. Io non riesco a dargli contro e non ho ancora capito il motivo. Non voglio fargli del male perché gli voglio troppo bene? Jasper si è intanto rialzato. Abbraccia Haru saltando alle sue spalle sul divano muovendogli la bocca come per modellargli un sorriso. O forse, continua ancora Jasper, è l’unico essere umano ad avere un barlume di intelligenza e non voglio fargli del male per non sentirmi troppo solo? Mah, ai posteri l’ardua sentenza!
Avevamo da fare però, dice Haru, per interrompere il monologo di Jasper e continuare con l’analisi dei sogni degli amici.
Mentre gli invitati si scambiano opinioni e consigli sul come utilizzare al meglio la sostanza Haru e Jasper si scrutano a lungo.
Si scrutano ora come in mille altre situazioni.
Pensano entrambi a come il caso abbia fatto legare così tanto due persone per molti versi agli antipodi e nonostante il fatto di essere due persone particolari si rifugiano volentieri nel luogo comune per cui gli opposti si attraggono. Ed è sempre stato così per loro. Un’attrazione che non si porta dietro una qualsivoglia forma di rispetto reciproco. Perché se è vero che Jasper rispetta molto Haru non si può dire il contrario. Due sguardi quelli rivolti l’uno verso l’altro che mirano a zone diverse molto diverse dello stesso campo da giochi che è l’essere umano. Un continuo scrutare i contorni di quella figura inafferrabile agli occhi anche del suo migliore amico, quale Haru si presenta, contro lo sguardo scrutatore a investigatore di Haru che approfitta degli occhi di Jasper per coglierne l’essenza più intima.
E come spesso in queste situazioni, venne loro in mente il giorno in cui si conobbero.

Il ricordo di Jasper

Più volte si chiese il motivo per cui quel giorno di ormai tre anni fa intervenne nel ruolo di paladino per salvare l’amico. Tra l’altro non poche volte fu Jasper stesso a trovarsi nel ruolo del bullo contro i secchioni. Dal lato suo non c’era violenza ma solo schernimento, uno schernimento ben diverso da quello che un normale bullo poteva attuare nei confronti degli introversi secchioni, Jasper prendeva in giro tutto e tutti, sia ben chiaro, ma lui poteva permettersi di ridicolizzare il prossimo anche dal punto di vista intellettuale. Il povero secchione del caso rimaneva quindi umiliato anche da quel punto di vista perché nessuno nel college poteva vantare le capacità di Jasper che riusciva al contempo anche ad essere uno dei ragazzi più in vista e più emulati del college. I suoi modi trasandati e l’aria strafottente uniti alla sua genialità lo rendevano talmente irresistibile che egli stesso doveva intervenire disprezzando tutto e tutti per tenere sotto controllo la grandezza del suo personaggio.
Ma Haru no. Haru era un discorso a parte. Un po’ come lo era Jasper. Haru era immune da tutto ciò. Non era semplicemente interessato ad altro oltre i suoi studi e le poche amicizie.
Ormai da tempo Haru aveva attirato la sua attenzione. Jasper infatti scoprì che uno studente aveva voti identici ai suoi ma soprattutto che quello studente era considerato dai professori più intelligente e geniale di lui. Cominciò ad investigare. Chi era questo ragazzo e come si permetteva? Sarà il suo sangue orientale a dargli quella marcia in più? Sarà l’essere uno sfigato a far sì che riuscisse a concentrare meglio le forze – Jasper sentiva di sprecare troppe energie nelle sue avventure amorose – o forse quell’unico corso che non avevano in comune faceva tanta differenza? Filosofia teoretica, lesse Jasper tra le lezioni frequentate da Haru. Che lo studio di una facoltà umanistica lo abbia aiutato nella comprensione?
Si iscrisse e appassionò al corso anche Jasper che da lontano intanto “studiava” il rivale.
Fu per solidarietà quindi, pensò spesso Jasper, che volle difendere un suo simile? Simile in genialità ma incapace di difendersi? O forse la sua era solo volontà di controllare l’”altro genio”? Haru questo tipo di interrogativi può portarseli dietro una vita intera, Jasper no. Jasper stesso è corrotto dall’immagine di sé. Non appena uno di questi dubbi esistenzialistici arriva a far nido tra i suoi pensieri, un altro pensiero di onnipotenza arriva a spazzargli qualsiasi cosa si pari tra lui e i suoi raggiungibilissimi orizzonti, Soffri di una gravissima forma di solipsismo, l’unica cura possibile è deprimerti un po’, gli aveva detto una volta Haru. Al che lui rise celando l’imbarazzo – e il profondo odio del non sapere – e andando a controllare, una volta rimasto da solo, il significato della parola “solipsismo”.
Solidarietà e controllo, si ripeteva Jasper, questi i motivi per cui corse quel giorno in soccorso di Haru.
Era da poco passata l’ora di pranzo e gli studenti erano tutti nel cortile della scuola. I portici riparavano dal vento e dall’imminente pioggia. Si creavano continuamente piccoli mulinelli di vento che facevano roteare le foglie dando l’impressione di poter spazzare via l’umidità che imperversava sulla città da troppi giorni. Sensazione illusoria perché dopo poco tutto tornava a tacere. I corvi tacevano. Le nubi gravide di pioggia in cielo lasciavano presagire da troppi giorni un acquazzone la cui attesa rendeva tutti nervosi.

Era Butch Willian, uno dei bulli più stupidi della scuola che stava in quel momento trattenendo Haru per un braccio. Haru non rispondeva alle provocazioni, non lo interessavano né turbavano, E’ inutile che fai tanto il sapientone quando poi non riesci neanche a balbettare una risposta. Fai tanto il superiore non guardando neanche i professori in faccia, perché ti credi superiore? E poi senza un’interrogazione, senza poter dimostrare il tuo cervellone, in mezzo ai tuoi pari, te la fai sotto?
Queste le parole che destarono l’attenzione di Jasper. E poi stava cominciando finalmente a piovere, la festa era iniziata e fra cielo e terra pareva fosse suonata la campanella della ricreazione. Come andare in bagno dopo aver trattenuto tanto lo stimolo. Jasper si fece spazio nel nugolo di persone che si era creato attorno a Butch e Haru che cercava di svincolarsi e ripeteva solo, Mi lasci passare, per cortesia?
Jasper e Butch vennero alle mani diverse volte. Butch aveva avuto sempre la meglio. Jasper non è un picchiatore e, se pur alto, fisicamente è piuttosto gracilino, Butch è invece un torello e ha sicuramente preso molto dai geni della madre americana, geni carichi di ogm e ormoni per la crescita. Nonostante ciò Butch era terrorizzato da Jasper perché, anche se fisicamente più forte di lui, per Jasper il conflitto non era semplicemente mai finito finché non aveva vinto. Durante la prima zuffa Jasper era ormai a terra con il naso sanguinante e si contorceva per gli effetti di un pugno ricevuto alla bocca dello stomaco. Fece finta, chiedendo la mano di Butch per alzarsi, di ammettere la sconfitta. Ma, appena stretta la sua mano, gli sferrò un forte calcio nei testicoli. Butch crollò a terra inveendo contro Jasper e la rabbia fu tanta che lo rimise in piedi in poco tempo. Jasper cominciò a scappare nascondendo la vergogna della fuga prendendosi gioco del rivale, Non capisci? Sei troppo stupido! È inutile che continui a provarci, perderai, e prima te ne renderai conto prima ne trarrai giovamento, stupido bestione. Butch rincorse Jasper per tutto l’istituto e le stradine adiacenti ad esso continuando a insultare con sempre maggiore verve e divertimento da parte sua e di tutti quelli che assistettero alla scena. Anche Haru era decisamente divertito dalla scena. In pratica Haru continuava a scappare e, nel momento in cui sfuggiva al contatto visivo con Butch, invece che scappare definitivamente come farebbero tutti durante una fuga, si acquattava in un angolo – meglio se visto dall’ormai folto pubblico verso cui magari strizzava anche l'occhio – aspettando il suo predatore per diventare a sua volta da preda a cacciatore. Appena Butch compariva alla sua vista, Jasper gli faceva lo sgambetto e assestava uno, due, tre colpi per poi scappare nuovamente. Butch, gli dava del vigliacco ma si prendeva dello stupido, e soprattutto la corsa e i colpi ricevuti da Jasper lo rendevano sempre più simile ad un pugile ormai pronto per andare al tappeto.
Questa cosa andò avanti per qualche mese ma si quietò presto, e alla fine riuscirono ad imbastire una sorta di amicizia, a nessuno dei due conveniva quello spreco di energie, e Jasper aveva ben di meglio da fare.
Ma quel giorno il mondo aveva voglia di liberarsi dalla propria ignavia. Doveva vendicarsi per il troppo tempo passato a non fare. E, sotto la pioggia crescente e un cielo nero, i due ragazzi tornarono a sfidarsi. Jasper arrivato di fronte a Haru e Butch prese per la cartella quest’ultimo cominciando a roteare. Butch cadde non appena Jasper lo lasciò, Butch, Butch, Butch...che cazzo di nome è? Non vuol dire niente, lo sai, sono quei cazzo di nomi americani onomatopeici...comunque ti sta benissimo Butch, rispecchia la tua visione da “mangia pietre”. La faccio corta, lascia immediatamente stare questo ragazzo perché sennò ti uccido. Mi hai capito? Ti uccido, ma davvero stavolta. Lo sai vero che lo farei? Questo ragazzo è mia sorella, è tornato da poco dal Giappone e finalmente ci siamo riuniti, e se lo tocchi ancora ti uccido...anzi è il mio amante perché da un po’ di tempo mi piace il cazzo Buffalo Bill, hai capito? Tra l’altro secondo me tu ce l’hai piccolissimo. È sempre così, collo grosso, cazzo piccolo. Dai facciamo a gara, fammi vedere. Disse Jasper mettendo la mano sul pube del ragazzo che si ritrasse immediatamente lasciando il campo apostrofandolo come omosessuale, Troglodita! Rispose Jasper con tono gaio.
Ciao mio nuovo amico, mi chiamo Jasper e vado pazzo per la figa, nel caso ti fossi illuso, disse Jasper togliendosi il cappuccio e dando libero sfogo ai suoi capelli biondi per metà lunghi e per metà rasati.
Ciao Jasper ti ringrazio per avermi difeso e non preoccuparti...anche a me piacciono le donne. Gli rispose a tono anche se un po’ imbarazzato. 

Il ricordo di Haru

Uno dei tanti pomeriggi uggiosi che lasciano presagire forti acquazzoni. Il classico tempo estivo di queste zone insomma.
Conosceva già la fama di Jasper ma non ancora di persona. Era sbucato un giorno alle lezioni di filosofia teoretica. Jasper era famoso per essere il genio ribelle della scuola. Anche Haru ebbe a notare dagli interventi di Jasper, quanto, nonostante si capisse che la filosofia non fosse il suo forte, avesse una cultura generale molto ampia.
Quel giorno dopo il lunch Haru si trovò nuovamente braccato dal bullo Butch. Lo annoiava terribilmente trovarsi in mezzo a quelle situazioni ma non aveva nessun timore né volontà di mettersi allo stesso livello. Voleva solo tornare a casa per proseguire il suo progetto. Quello sì era il suo interesse principale, l’unico forse, se escludiamo la timida passione per quella ragazza che incontrava ai tornei di tennis che però sembrava tanto timida quanto lui.
Questa volta Butch faceva sul serio. Sembrava non volerlo fare andare via. Cercava una soluzione per far cessare al più presto quel fastidio. Il problema era il solito: il pubblico. Molti ragazzi della sua età cambiano principi e ideali quando hanno un pubblico che li osserva.
Poi arrivò il suo salvatore – salvataggio non richiesto né agognato – quel ragazzo che da quel momento in poi sarebbe entrato volente o nolente nella sua vita. Quel ragazzo che nonostante tutto avrebbe contribuito in maniera fondamentale alla realizzazione del suo progetto.
Lo guardava avvicinarsi tirandosi su il cappuccio della felpa. Notò subito le gambe troppo magre e scoperte nonostante una temperatura tutt’altro che estiva. E poi tutta la scena in cui Jasper deridendo Butch lo convinse ad allontanarsi. Era chiaro che l’intervento di Jasper fosse da attribuire – ne ebbe conferma dopo averlo conosciuto meglio – alla bramosia del ragazzo di farsi vedere dagli altri, di dimostrare una volta per tutte la sua superiorità in ogni campo umano. Ma i consensi nei confronti di Jasper erano in continuo calo. Se è vero che il suo exploit al campus era stato di quelli che lasciano il segno, era difatti di gran lunga il migliore come risultati scolastici e aveva, almeno all’inizio, un grande successo nei confronti del gentil sesso, lo è anche il fatto che ormai le ragazze che frequentava Jasper erano “cattive compagnie”, ovvero ragazze dedite a vizi e comportamenti eccessivi, oppure “gatte morte” decerebrate – definizione coniata da Jasper stesso. Dal punto di vista scolastico poi, l’avvento di Haru aveva fatto passare in sordina tutti i suoi clamorosi successi da enfant prodige. Era dunque chiaro il motivo per cui Jasper era corso in sua difesa: pura propaganda. 

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