Senti, senti, dice Jasper ai suoi amici – rivolgendosi al
singolare, come fosse il pubblico un sol uomo – riuniti come spesso accade per
l’ora del tè; appuntamento nel quale le cavie di Haru e Jasper raccontano gli
effetti di quella nuova sostanza da loro creata.
Dallo stereo del soggiorno di Haru vibrano sordi e
potenti i bassi dei Tool, Hai sentito che voce? Che timbro, che carattere in un
muro di suono così… monotono. Che poi mi hanno detto che usano chitarre a
quattro corde, amplificatori da basso... non serve più a niente la tecnica.
Basta una mezza idea sul ritmo, tanta post produzione e con una voce così
l’effetto è assicurato.
Come colto da un raptus Jasper prende la chitarra elettrica
di Haru la collega al piccolo amplificatore Ibanez e comincia a percuoterla
come un pazzo davanti a tutti. Jasper non sa suonare la chitarra. Per lo meno
non nel modo convenzionale ma ha un ottimo orecchio musicale che gli permette
spesso di sproloquiare con frasi tipo, Dammi qualsiasi strumento in mano e ti
compongo una bella musica. Cosa in realtà non molto distante dal vero. In quel
momento gli invitati erano tutti fra l’incredulo e il divertito. Anche perché
Jasper imitava, anzi scimmiottava, la potente e ammaliante voce del cantante
con gli occhi fuori dalle orbite, con la fronte corrugata e le vene gonfie
tanto da renderlo paonazzo in viso. Finì la canzone e lo spettacolo di Jasper
che si tolse la chitarra per poi sbatterla sul divano e commentare, Non ci
vuole un cazzo a suonare la chitarra.
Haru si alza e con cura rimette la chitarra al suo posto,
Rimane il fatto che non hai la costanza per imparare decentemente nessuno degli
strumenti a cui ti sei approcciato e so che questo a te spiace. Come sei
invidioso quando mi senti suonare e intrattenere, ma sei troppo orgoglioso per
ammetterlo. Devi imparare a concentrarti, non vuoi faticare.
Non è raro che Haru lasci senza parole l’amico. L’unico a
riuscire nell’intento.
Oh, il mio fratellino scemo che male che mi fa. Jasper
proferisce queste parole buttandosi per terra come colto da un malore, Ma tanto
lo sapete che ha ragione. Io non riesco a dargli contro e non ho ancora capito
il motivo. Non voglio fargli del male perché gli voglio troppo bene? Jasper si
è intanto rialzato. Abbraccia Haru saltando alle sue spalle sul divano
muovendogli la bocca come per modellargli un sorriso. O forse, continua ancora
Jasper, è l’unico essere umano ad avere un barlume di intelligenza e non voglio
fargli del male per non sentirmi troppo solo? Mah, ai posteri l’ardua sentenza!
Avevamo da fare però, dice Haru, per interrompere il
monologo di Jasper e continuare con l’analisi dei sogni degli amici.
Mentre gli invitati si scambiano opinioni e consigli sul
come utilizzare al meglio la sostanza Haru e Jasper si scrutano a lungo.
Si scrutano ora come in mille altre situazioni.
Pensano entrambi a come il caso abbia fatto legare così
tanto due persone per molti versi agli antipodi e nonostante il fatto di essere
due persone particolari si rifugiano volentieri nel luogo comune per cui gli
opposti si attraggono. Ed è sempre stato così per loro. Un’attrazione che non
si porta dietro una qualsivoglia forma di rispetto reciproco. Perché se è vero
che Jasper rispetta molto Haru non si può dire il contrario. Due sguardi quelli
rivolti l’uno verso l’altro che mirano a zone diverse molto diverse dello
stesso campo da giochi che è l’essere umano. Un continuo scrutare i contorni di
quella figura inafferrabile agli occhi anche del suo migliore amico, quale Haru
si presenta, contro lo sguardo scrutatore a investigatore di Haru che
approfitta degli occhi di Jasper per coglierne l’essenza più intima.
E come spesso in queste situazioni, venne loro in mente il
giorno in cui si conobbero.
Il ricordo di Jasper
Più volte si chiese il motivo per cui quel giorno di
ormai tre anni fa intervenne nel ruolo di paladino per salvare l’amico. Tra
l’altro non poche volte fu Jasper stesso a trovarsi nel ruolo del bullo contro
i secchioni. Dal lato suo non c’era violenza ma solo schernimento, uno
schernimento ben diverso da quello che un normale bullo poteva attuare nei
confronti degli introversi secchioni, Jasper prendeva in giro tutto e tutti,
sia ben chiaro, ma lui poteva permettersi di ridicolizzare il prossimo anche
dal punto di vista intellettuale. Il povero secchione del caso rimaneva quindi
umiliato anche da quel punto di vista perché nessuno nel college poteva vantare
le capacità di Jasper che riusciva al contempo anche ad essere uno dei ragazzi
più in vista e più emulati del college. I suoi modi trasandati e l’aria
strafottente uniti alla sua genialità lo rendevano talmente irresistibile che
egli stesso doveva intervenire disprezzando tutto e tutti per tenere sotto
controllo la grandezza del suo personaggio.
Ma Haru no. Haru era un discorso a parte. Un po’ come lo
era Jasper. Haru era immune da tutto ciò. Non era semplicemente interessato ad
altro oltre i suoi studi e le poche amicizie.
Ormai da tempo Haru aveva attirato la sua attenzione.
Jasper infatti scoprì che uno studente aveva voti identici ai suoi ma
soprattutto che quello studente era considerato dai professori più intelligente
e geniale di lui. Cominciò ad investigare. Chi era questo ragazzo e come si
permetteva? Sarà il suo sangue orientale a dargli quella marcia in più? Sarà
l’essere uno sfigato a far sì che riuscisse a concentrare meglio le forze –
Jasper sentiva di sprecare troppe energie nelle sue avventure amorose – o forse
quell’unico corso che non avevano in comune faceva tanta differenza? Filosofia
teoretica, lesse Jasper tra le lezioni frequentate da Haru. Che lo studio di
una facoltà umanistica lo abbia aiutato nella comprensione?
Si iscrisse e appassionò al corso anche Jasper che da
lontano intanto “studiava” il rivale.
Fu per solidarietà quindi, pensò spesso Jasper, che volle
difendere un suo simile? Simile in genialità ma incapace di difendersi? O forse
la sua era solo volontà di controllare l’”altro genio”? Haru questo tipo di
interrogativi può portarseli dietro una vita intera, Jasper no. Jasper stesso è
corrotto dall’immagine di sé. Non appena uno di questi dubbi esistenzialistici
arriva a far nido tra i suoi pensieri, un altro pensiero di onnipotenza arriva
a spazzargli qualsiasi cosa si pari tra lui e i suoi raggiungibilissimi
orizzonti, Soffri di una gravissima forma
di solipsismo, l’unica cura possibile è deprimerti un po’, gli aveva detto
una volta Haru. Al che lui rise celando l’imbarazzo – e il profondo odio del
non sapere – e andando a controllare, una volta rimasto da solo, il significato
della parola “solipsismo”.
Solidarietà e controllo, si ripeteva Jasper, questi i
motivi per cui corse quel giorno in soccorso di Haru.
Era da poco passata l’ora di pranzo e gli studenti erano
tutti nel cortile della scuola. I portici riparavano dal vento e dall’imminente
pioggia. Si creavano continuamente piccoli mulinelli di vento che facevano
roteare le foglie dando l’impressione di poter spazzare via l’umidità che
imperversava sulla città da troppi giorni. Sensazione illusoria perché dopo
poco tutto tornava a tacere. I corvi tacevano. Le nubi gravide di pioggia in
cielo lasciavano presagire da troppi giorni un acquazzone la cui attesa rendeva
tutti nervosi.
Era Butch Willian, uno dei bulli più stupidi della scuola
che stava in quel momento trattenendo Haru per un braccio. Haru non rispondeva
alle provocazioni, non lo interessavano né turbavano, E’ inutile che fai tanto
il sapientone quando poi non riesci neanche a balbettare una risposta. Fai
tanto il superiore non guardando neanche i professori in faccia, perché ti
credi superiore? E poi senza un’interrogazione, senza poter dimostrare il tuo
cervellone, in mezzo ai tuoi pari, te la fai sotto?
Queste le parole che destarono l’attenzione di Jasper. E
poi stava cominciando finalmente a piovere, la festa era iniziata e fra cielo e
terra pareva fosse suonata la campanella della ricreazione. Come andare in
bagno dopo aver trattenuto tanto lo stimolo. Jasper si fece spazio nel nugolo
di persone che si era creato attorno a Butch e Haru che cercava di svincolarsi
e ripeteva solo, Mi lasci passare, per cortesia?
Jasper e Butch vennero alle mani diverse volte. Butch
aveva avuto sempre la meglio. Jasper non è un picchiatore e, se pur alto,
fisicamente è piuttosto gracilino, Butch è invece un torello e ha sicuramente
preso molto dai geni della madre americana, geni carichi di ogm e ormoni per la
crescita. Nonostante ciò Butch era terrorizzato da Jasper perché, anche se
fisicamente più forte di lui, per Jasper il conflitto non era semplicemente mai
finito finché non aveva vinto. Durante la prima zuffa Jasper era ormai a terra
con il naso sanguinante e si contorceva per gli effetti di un pugno ricevuto
alla bocca dello stomaco. Fece finta, chiedendo la mano di Butch per alzarsi,
di ammettere la sconfitta. Ma, appena stretta la sua mano, gli sferrò un forte
calcio nei testicoli. Butch crollò a terra inveendo contro Jasper e la rabbia
fu tanta che lo rimise in piedi in poco tempo. Jasper cominciò a scappare
nascondendo la vergogna della fuga prendendosi gioco del rivale, Non capisci?
Sei troppo stupido! È inutile che continui a provarci, perderai, e prima te ne
renderai conto prima ne trarrai giovamento, stupido bestione. Butch rincorse
Jasper per tutto l’istituto e le stradine adiacenti ad esso continuando a
insultare con sempre maggiore verve e divertimento da parte sua e di tutti
quelli che assistettero alla scena. Anche Haru era decisamente divertito dalla
scena. In pratica Haru continuava a scappare e, nel momento in cui sfuggiva al
contatto visivo con Butch, invece che scappare definitivamente come farebbero
tutti durante una fuga, si acquattava in un angolo – meglio se visto dall’ormai
folto pubblico verso cui magari strizzava anche l'occhio – aspettando il suo
predatore per diventare a sua volta da preda a cacciatore. Appena Butch compariva
alla sua vista, Jasper gli faceva lo sgambetto e assestava uno, due, tre colpi
per poi scappare nuovamente. Butch, gli dava del vigliacco ma si prendeva dello
stupido, e soprattutto la corsa e i colpi ricevuti da Jasper lo rendevano
sempre più simile ad un pugile ormai pronto per andare al tappeto.
Questa cosa andò avanti per qualche mese ma si quietò
presto, e alla fine riuscirono ad imbastire una sorta di amicizia, a nessuno
dei due conveniva quello spreco di energie, e Jasper aveva ben di meglio da
fare.
Ma quel giorno il mondo aveva voglia di liberarsi dalla
propria ignavia. Doveva vendicarsi per il troppo tempo passato a non fare. E,
sotto la pioggia crescente e un cielo nero, i due ragazzi tornarono a sfidarsi.
Jasper arrivato di fronte a Haru e Butch prese per la cartella quest’ultimo
cominciando a roteare. Butch cadde non appena Jasper lo lasciò, Butch, Butch,
Butch...che cazzo di nome è? Non vuol dire niente, lo sai, sono quei cazzo di
nomi americani onomatopeici...comunque ti sta benissimo Butch, rispecchia la
tua visione da “mangia pietre”. La faccio corta, lascia immediatamente stare
questo ragazzo perché sennò ti uccido. Mi hai capito? Ti uccido, ma davvero
stavolta. Lo sai vero che lo farei? Questo ragazzo è mia sorella, è tornato da
poco dal Giappone e finalmente ci siamo riuniti, e se lo tocchi ancora ti
uccido...anzi è il mio amante perché da un po’ di tempo mi piace il cazzo
Buffalo Bill, hai capito? Tra l’altro secondo me tu ce l’hai piccolissimo. È
sempre così, collo grosso, cazzo piccolo. Dai facciamo a gara, fammi vedere.
Disse Jasper mettendo la mano sul pube del ragazzo che si ritrasse
immediatamente lasciando il campo apostrofandolo come omosessuale, Troglodita!
Rispose Jasper con tono gaio.
Ciao mio nuovo amico, mi chiamo Jasper e vado pazzo per
la figa, nel caso ti fossi illuso, disse Jasper togliendosi il cappuccio e
dando libero sfogo ai suoi capelli biondi per metà lunghi e per metà rasati.
Ciao Jasper ti ringrazio per avermi difeso e non
preoccuparti...anche a me piacciono le donne. Gli rispose a tono anche se un
po’ imbarazzato.
Il ricordo di Haru
Uno dei tanti pomeriggi uggiosi che lasciano presagire
forti acquazzoni. Il classico tempo estivo di queste zone insomma.
Conosceva già la fama di Jasper ma non ancora di persona.
Era sbucato un giorno alle lezioni di filosofia teoretica. Jasper era famoso
per essere il genio ribelle della scuola. Anche Haru ebbe a notare dagli
interventi di Jasper, quanto, nonostante si capisse che la filosofia non fosse
il suo forte, avesse una cultura generale molto ampia.
Quel giorno dopo il lunch Haru si trovò nuovamente
braccato dal bullo Butch. Lo annoiava terribilmente trovarsi in mezzo a quelle
situazioni ma non aveva nessun timore né volontà di mettersi allo stesso
livello. Voleva solo tornare a casa per proseguire il suo progetto. Quello sì
era il suo interesse principale, l’unico forse, se escludiamo la timida
passione per quella ragazza che incontrava ai tornei di tennis che però
sembrava tanto timida quanto lui.
Questa volta Butch faceva sul serio. Sembrava non volerlo
fare andare via. Cercava una soluzione per far cessare al più presto quel
fastidio. Il problema era il solito: il pubblico. Molti ragazzi della sua età
cambiano principi e ideali quando hanno un pubblico che li osserva.
Poi arrivò il suo salvatore – salvataggio non richiesto
né agognato – quel ragazzo che da quel momento in poi sarebbe entrato volente o
nolente nella sua vita. Quel ragazzo che nonostante tutto avrebbe contribuito
in maniera fondamentale alla realizzazione del suo progetto.
Lo guardava avvicinarsi tirandosi su il cappuccio della
felpa. Notò subito le gambe troppo magre e scoperte nonostante una temperatura
tutt’altro che estiva. E poi tutta la scena in cui Jasper deridendo Butch lo
convinse ad allontanarsi. Era chiaro che l’intervento di Jasper fosse da
attribuire – ne ebbe conferma dopo averlo conosciuto meglio – alla bramosia del
ragazzo di farsi vedere dagli altri, di dimostrare una volta per tutte la sua
superiorità in ogni campo umano. Ma i consensi nei confronti di Jasper erano in
continuo calo. Se è vero che il suo exploit al campus era stato di quelli che
lasciano il segno, era difatti di gran lunga il migliore come risultati
scolastici e aveva, almeno all’inizio, un grande successo nei confronti del
gentil sesso, lo è anche il fatto che ormai le ragazze che frequentava Jasper
erano “cattive compagnie”, ovvero ragazze dedite a vizi e comportamenti
eccessivi, oppure “gatte morte” decerebrate – definizione coniata da Jasper
stesso. Dal punto di vista scolastico poi, l’avvento di Haru aveva fatto passare
in sordina tutti i suoi clamorosi successi da enfant prodige. Era dunque chiaro
il motivo per cui Jasper era corso in sua difesa: pura propaganda.
Siamo contenti
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