I GRUPPI POST DIASPORA
LA
ZATTERA
Nacque dalla volontà di Maia di avere un posto in cui non
ci fosse Jasper.
È un appartamento al dodicesimo piano di un palazzo a
Bayswater.
Vi si accede tramite un corridoio lievemente illuminato
molto lungo simile a quello di certi alberghi. Moquette blu. Muri arancio
chiaro pastello. Porte ben rifinito di legno scuro laccato. Una luce illumina
la targhetta in simil oro col nome del professore. Subito sotto un cartello
anonimo con su scritto “La zattera”.
Tappeto, e lampada freak e tanti tappetini per far yoga
in un ampio salotto con quattro grosse finestre.
Foto di un matrimonio finito troppo presto e di una
bambina (la figlia?).
Qui, il professore con la sua cricca di amici va alla
scoperta del grembo.
È un gruppo di uomini e donne che da anni fa yoga
insieme. Hanno comunità di intenti nell’interpretazione dello yoga e a turno
uno di loro conduce la lezione…o più o meno. Da un po’ di tempo a questo gruppo
si erano aggiunte delle persone dell’Ora del tè fra cui Maia e solo per poche
volte, Haru e Tamun. Ora avevano un maestro e questo era il Professore che li
guidava nella lezione nella parte di meditazione finale che iniziava subito dopo
aver assunto LAP. Lui era in grado di aiutarli a indurre un sonno leggero tal
da poter essere guidato da lui. La sua coscienza riusciva ad aiutarli a
combattere il terrore per l’inconscio e a cominciare a guardarsi intorno.
Qualcuno è pure riuscito a seguirlo più in là…
*
Sketches dei sogni dei naviganti della
Zattera
IMMAGINI
Durante la lezione di yoga il Professore e i partecipanti
scambiano opinioni riguardo la loro visione del grembo, di LAP.
IL PROFESSORE
Esercizi pre addormentano.
Chiudere gli occhi con le mani e stringere le
sopracciglia. La visione del punto luminoso è un buon appiglio.
Svegliarsi di colpo in mezzo ai propri pensieri e aver
paura, non sapere dove si sia è una cosa buona. Pensare a qualcosa di brutto e
veder tornare la propria memoria e i propri pensieri non significa aver
fallito, anzi. Pazientate ancora.
Veder tornare la propria memoria e i propri pensieri e
non riuscire a coglierli, a possederli e ritrovarsi nuovamente svuotati è
un’ottima cosa.
*
Alessio
Il sogno del residence.
Era uno di quei sogni ricorrenti, anzi a struttura
ricorrente. In questo caso è il residence. Tante persone che conosco ma cui ci
si tratta freddamente.
In pratica in questo residence si alternano persone che
conosco ad altre che mi pare di conoscere ma che in verità quando mi sveglio,
pur ricordandomele perfettamente mi sono assolutamente sconosciute. A volte
ricordo nomi e cognomi. Uh, non sapete le ricerche su Facebook e il successivo
sentirmi ridicolo. (battute e risa di approvazione e coinvolgimento)
Ogni inquilino del residence ha una camera con bagno
privato, la cucina è in comune ma quando ci si incontra non ci si parla mai.
Poi a volte una luce si accende e vivo sentimenti di una purezza vertiginosa.
Mi si scalda il cuore come un ragazzino in preda alle prime cotte. Mi innamoro
per nulla e sono felice. Ogni tanto mi sento a disagio. Triste e solo e spesso
in queste situazioni la incontro. Quando sento tutto e tutti estranei. È sempre
lei. È sempre di fretta e io la amo e mi sento tanto dipendente da lei. Che è
distratta. Non mi guarda mai in faccia o quasi e con sorrisi sforzati. Ma mi
carezza e in qualche sogno ricordo perfettamente di essermi accoppiato con lei.
Sì accoppiato; lei semplicemente si abbassa o io le abbasso la gonnellina e la
prendo da dietro. Lo fa perché io ne ho bisogno. Poi torna a portarmi via come
aveva fatto all’inizio nel residence. Ecco, lei mi porta via da qualsiasi sogno
ma senza portarmi da qualche parte. Ci ripariamo come fuggiaschi in case vuote
in quartieri deserti aspettando chissà cosa. Lei guarda spesso dalla finestra,
io so che con lei sono tranquillo ma non le stacco gli occhi di dosso.
Quando sono con lei le persone mi evitano ancora di più.
Salutano ancora più cordialmente ma la guardano diffidenti, mentre a me
rivolgono uno sguardo di biasimo tipo, Che ci fai con quella?
Lei ha un folto capello nero con un taglio corto,
scompigliato e leggermente asimmetrico. Un bel viso con carnagione chiarissima,
occhi azzurri e naso leggermente a patata. È bella, non alta ma slanciata e con
un seno piccolo ma rotondo e sodo. Che spesso spunta dalla canotta nera che
porta sopra un gonnellino corto verde militare. Doctor Martins. Forse uno o due
tatuaggi e in certi casi un piercing al labbro o al sopracciglio.
Una volta mentre facevamo sesso (quando ho imparato a
controllare il sesso con LAP - wow ragazzi!) ci siamo scambiati i corpi. Nel
senso che vedevo il mio corpo che mi scopava. Io ero lei e sentivo le
sensazioni del corpo femminile proprio…ma non sono gay! Sono pressoché sicuro
che quella ragazza sia il mio alter ego onirico o il mio spirito guida…insomma
non mi guardate così, quanti di voi hanno avuto la sensazione di incontrare
entità particolari. Semplicemente i nostri sogni ricorrenti con LAP diventano
ancora più strani. Mi pare chiaro che il linguaggio di questo posto non sia il
nostro. Siamo stranieri di questo grembo. Dovremmo comportarci con educazione?
Che ne pensate?
*
Tati, la sorella
di Maya
Sette o otto anni. Avevo già avuto una sensazione del
genere a quella in cui stavo per lasciarmi andare poco tempo prima. Incantata
ad osservare una cosa qualsiasi mi sono persa in una parola. Continuai a
ripeterla perdendo a ogni ripetizione il senso della stessa. Pronunciandola in
modo sempre più meccanico.
Il paesaggio attorno a me è diventato uno schema freddo e
impersonale. Un palcoscenico abbellito alla bell’e meglio per lo sguardo umano.
Tante parole che in quel momento non mi restituivano nessun significato. Il
suono di una situazione che vuole perdere tutto ciò che contiene, suoni
compresi. La fuga dei suoni. L’affievolirsi dei colori e un solo flebile
protagonista. Attore solitario di un monologo contenente una sola parola:
perché?
Fuggii al successivo capogiro destandomi, tornando al
mondo. Mi ero semplicemente incantata. Questo posto vuole farci accorgere di un
qualcosa che non possiamo capire.
*
Maya
Con la barba o con quei pantaloni a rombi che sembrano un
piagiama. Adulto o ragazzino. Con la faccia severa o lo sguardo sbarazzino
mentre ti guarda volando o a testa capovolta.
No, non ho mai pensato né di essere di fronte a Dio né
che fosse una mia fantasia.
No, non ho visto nessuna palla di fuoco entrare e uscire
dal mare ma mi è chiaro che ci siano luoghi che ancora non ho visitato perché è
il meccanismo di queste due immagini in cui mi ritrovo che mi affascina
completamente. Il ricordo della mia vita è molto sbiadito. Pochi ricordi
sfuggenti. Non rimangono tra le mani…poi il mare. E un alito di vento o
addirittura una volta una farfalla spinta dalle onde dal mare a farmi visita e
poi dentro un ricordo.
Sì, l’ho vista la collina ma no, non ho avuto nessuna
curiosità, non ancora almeno. Sono più turbata da quella zona oscura e da quel
dannato boschetto in cui mi sveglio quasi sempre: non mi piace, mi spaventa e
ho sempre paura di non trovare la spiaggetta ma poi la trovo sempre e ho sempre
meno paura.
Lì ho incontrato tre volte il Pagliaccio. Lì, con l’aiuto
del mare posso rivivere tutta la mia vita. Ritrovare affetti e godere del mio
far niente. Un dolcissimo far niente e constatare lo spettacolo
dell’esistenza.
*
La spa di Paola
Io
ci sono stata in quella spiaggia. Tantissime persone! E festa ovunque e di
tutti i tipi. Basta spostare un po’ l’attenzione e il rumore di fondo si
abbassa e si passa da una festa con balli e musiche sfrenate a gruppi di
persone che chiacchierano tranquillamente in riva al mare. E il mare! Mare e
fuoco. Onde alte cento metri che fanno gridare tutti come folli. Pezzi di corpi
in frantumi che allegramente si ricompongono pronti per la nuova onda. Surfisti
infuocati che escono ed entrano da enormi raggi di fuoco coi loro surf.
E il
Pagliaccio. L’ho visto spesso. Tutti lo chiamano Pagliaccio ed è una specie di
dio della festa.
Cos’è
questo posto? Gli ho chiesto la prima volta.
È la
spiaggia del sole, mi rispose flettendo leggermente la testa come fanno i cani
quando non capiscono.
E
cosa si fa qua?
Qui
si fa il sole. E scomparve.
Tutte
le volte che ci sono tornata non ho più visitato la spiaggia del sole ma mi
sono fermata nella spiaggetta. Qui riesco a trovare i miei amici, più
facilmente quelli che sono mancati. La spiaggetta si trasforma in un impianto
termale in cui andavamo da giovani. Almeno esternamente.
Da soli in quell'ambiente buio ma calorosamente
illuminato.
Molto delicatamente.
In mezzo a noi ci sono tante persone. Tutti con la stessa
faccia, quasi inespressiva. Vorrebbero, ci provano ad esprimere l'estremo
godimento che provano. Azzardano frasi tipo, Che spettacolo. Ma rimangono così,
statuari. Con la posa che si sono scelti.
Poi c'è il momento in cui vai al secondo piano.
Diverse camere.
E magicamente il numero di persone cala rumorosamente.
Devi solo decidere dove andare a rilassarti o dormire.
Dipende dal tipo di compagnia che hai ovviamente…(risatine)
Nel sogno lucido ovviamente tutte queste sensazioni sono
esponenzialmente più forti. I getti d'acqua sulla schiena la rendono più molle
del pongo. Nelle camere si levita.
*
Spero un giorno di trovare anch’io questo posto.
Di incontrare il
Pagliaccio!
Hmm…io riesco a malapena a non spaventarmi dei miei
pensieri…
Ma è vero che a un
certo punto tutto si dissolve, crolla…?
Sì, sì, la lucidità non regge…
Ma certo, e come
potrebbe?
Che poi, più che lucidità è un incredibile aiuto per
ricordare i sogni.
Esatto, e non appena
si acquisisce una piena lucidità…
Tutto crolla?
Direi più che si
spegne, dissolve.
Bravo, si spegne! Proprio così. Arriva il silenzio e si
spegne tutto.
Pare che questo
posto non voglia troppe cose…
Troppi sensi…
*
IL PROFESSORE
Sogni lucidi? Sembrava una follia. Eppure l’animo umano
tende continuamente a fare ciò che prima sembrava sacrilego, intoccabile. Il
cielo non era territorio per uomini ma solo per divinità e uccelli eppure… e
certe malattie dovevano essere incurabili, e la clonazione e… mah, forse non
c’entra nulla. L’uomo si è prima accanito e poi rassegnato
all’imperscrutabilità dei sogni più che a quella di Dio. Ma la curiosità è
troppa.
*
Al termine di una normale lezione yoga condotta dal
Professore tutti i partecipanti della Zattera assunsero LAP e si sdraiarono
pronti alla meditazione guidata che li avrebbe agevolati nell’ingresso nel
grembo. Il Professore aveva parlato loro dei posti scoperti durante la sua
perlustrazione e del Pagliaccio e continuava a farlo nella speranza che anche
loro potessero trovare questo posto.
Perché? Perché questo posto esiste. Perché questo
personaggio esiste. Nulla di tutto ciò è semplicemente una ricostruzione
mentale che viviamo da lucidi quando non dovrebbe esserlo. Ma se ci pensate
bene queste sono solo speculazioni. Che differenza fa? Ricordate le parole di
Nietzsche “La fantasia è la filigrana dell’esistenza”.
Questo posto è lo scoglio per l’uomo perso nel tempestoso
mare. È la caverna della felicità di cui parlano gli psicologi, è l’atarassia
dei buddisti. Qui si osserva tutto. Si vive e rivive tutto ma in un altro modo.
Non è facile comprendere tutto ciò. Questa è un’idea che mi sono fatto dopo
aver trovato e visitato più volte questo luogo. Avete presente lo stato
ipnagogico che facilmente si raggiunge durante la meditazione? Ci siamo e non
ci siamo. Lucidità nella confusione. Ma la confusione è solo data dal voler
capire. Come andare all’estero e pretendere di essere compresi parlando la
nostra lingua. Una volta abbandonata anche questa volontà (che forse a me è
successo quando ho slegato la Zattera e ho incontrato il Pagliaccio per la
prima volta) si diraderanno le nebbie del nostro raziocinio. Ho incontrato il
nostro amico Haru qui, anche se forse, data la sua riservatezza non dovrei
dirvelo. Sì, sì, abbiamo parlato e ci siamo anche confrontati da svegli. Anche
lui ha visto il Pagliaccio ma, fatemi fare la parte di Jasper, di casi di sogni
in comune ce ne sono stati altri e chissà che altri significati potremmo dare a
ciò. Ma, amici cari, se riusciamo a evitare di dare significato a tutto forse
riusciremo ad assaporare meglio le nostre esperienze. A mio parere questo posto
è il collegamento tra mondo dei vivi e mondo dei morti. Dietro i suoi orizzonti
vivono gli dei e forse questo Pagliaccio potrebbe essere uno di loro o quel Dio
su cui ci arrovelliamo da sempre. Ma ora lasciate andare i vostri pensieri
perché vi aspetta il vostro grembo e perché là dove vorrei incontrarvi i vostri
pensieri svaniscono. I vostri ricordi li ruba il mare e ve li restituisce
quando ne avete bisogno. Potrete svegliarvi nel boschetto dietro questa
spiaggetta. All’inizio fa un po’ paura perché è un po’ tetro ma sappiate che
quella spiaggetta è lì vicina ed è fatta per confortarci. Alla sua sinistra poi
una piccola collina erbosa porta alla spiaggia del sole in cui una miriade di
persone in festa giocano con le onde che la palla infuocata muove nel suo
continuo sorgere e ributtarsi in mare.
Mentre il Professore parlava tutti si addormentarono lui
compreso.
Immagine che torna alla porta dell’appartamento del
Professore circondata da edera.
*
LA SPIAGGETTA DI HARU
Camminare nella nebbia. Guardati intorno, guardati intorno. E poi tutto scompare.
Ho lasciato la voce di mia madre, il suo sorriso incerto
ma accogliente, la casa. Ho cominciato a esplorare qualcosa di nuovo. Ho deciso
di abbandonarmi proprio quando avevo pensato di potermi davvero trovare; come
diceva il professore: aver trovato casa dopo una vita di solitudine e sconforto
e decidere di abbandonarla subito.
I primi utilizzi di LAP ci mostrano l’incontrollabile
regno dell’inconscio. Cerchiamo subito un riparo. Ci alleniamo per non averne
paura. Scaviamo dentro di noi per trovare le armi per contrastarlo, per
dominarlo, come direbbe Jasper. Per esaudire i nostri più reconditi desideri.
Ma forse non ho mai avuto desideri né paure così importanti e poi me lo ha
detto mia madre, Guardati intorno!
E dopo un po’ quel contorno dei sogni così difficile da
gestire è scomparso lasciando spazio al nulla. A questa fitta nebbia in cui mi
sono addentrato e che pare senza fine.
Non cerco di volare. Non provo ad usare il corpo ma
cerco, esploro. La tentazione di creare, di far uscire qualcosa da questa
nebbia è passata. Cammino senza aspettative.
Forse non c’è altro da cercare se non camminare nel
nulla. Mi sento rilassato: faccio ciò che mia madre mi ha chiesto e non mi
prende più la smania di fare e di capire. Un po’ come fa il professore con lo
yoga e la meditazione zen. Andare alla ricerca di un altro livello di
esistenza.
*
Poi una sensazione che butta all’aria tutti i propositi.
Il proposito di non aver propositi. Che cos’è questa sensazione? Cosa stanno
calpestando i miei piedi? Dove sono? Dentro o fuori di me?
Cerco nella nebbia ma i miei piedi non si vedono. Eppure
sento qualcosa di diverso. Un fremito mi attraversa il corpo quando pensavo di
non avere più un corpo, quando i pensieri sembravano avermi abbandonato. Quando
pensavo di aver abbandonato ogni ricerca.
Mi blocco. Nel nulla. Sento il mio petto crollare a
terra. Un vuoto vertiginoso. Sono a quattro zampe e cerco il mio petto. Cosa ci
faccio qui? Qual è questa ricerca che ho abbandonato? HARU! Ecco la risposta
alla domanda che stava per aggiungermi un peso insopportabile, Chi sono?
Mi rialzo col fiatone. Mi tocco il petto; c’è ancora.
Tiro un sospiro di sollievo. Ok, ok, Haru…ma non c’è altro qui. Nessun indizio,
nessun ricordo.
Riecco i miei piedi. Non so che farmene ma almeno sono
riapparsi. Li ho cercati per un po’; questo lo ricordo. Respiro profondamente e
mi guardo intorno, Guardati intorno! Mi
ripeto, Guardati intorno!
Perché ripeto questa frase, chi me l’ha suggerita? Che ci
faccio qui?
Ma so che non funzionerà. Questo posto sembra lavarmi i
pensieri; anche l’ansia sta passando.
Guardati intorno!
La nebbia si è parzialmente dissolta e mi ritrovo da
qualche parte. Testa bassa che trova continue conferme dell’esistenza dei
piedi. Del loro ritorno. Sono in cima a una scogliera. Un altipiano brullo e
roccioso. Terra dura e roccia alternati da tratti di erba rada sotto i miei
piedi e poco oltre, ma è il cielo che mi attira, un cielo mai visto. Anche la
mia amnesia me lo conferma incontrovertibilmente: non ricordo, ma so che qui
non ci sono mai stato.
E ritornano i pensieri; pensieri liberi. Senza memoria,
senza casa, ma comunque con una fervida attività. Che cos’è tutto ciò?
Dei giovani piedi entrano nell’inquadratura. Si muovono
le dita e alle dita si aggiunge il volto di un ragazzo sorridente, Sei nella
tua cartolina, ma non è la tua cartolina questa, è la cartolina di tutti. Ti
piace?
Pagliaccio? Sei tu? Chi sei? E io….disse Haru tenendosi
nuovamente il petto con le braccia per la paura di esplodere.
No, no, troppe domande. Vuoi risposte? Buttati nel mare e
le avrai tutte. Ma non vuoi vero? Hai paura, freddo? Rilassati e non far nulla.
Ma tu sei me? Questo è il mio luogo del conforto? È una
mia creazione mentale.
No, io non sono te, io sono me. E questo posto non l’hai
creato tu. Te lo dico ma è un segreto….l’ho creato io. Ora torna a camminare e
a guardarti intorno, lo stavi facendo bene. Quando vorrai lo capirai. Penso che
ci rivedremo. Disse il ragazzo camminando prima sulle mani e poi spiccando il
volo fino a non farsi più vedere.
Haru si mise a sedere. Ancora troppa nebbia e pochi ricordi.
Solo il tentativo di trovare dettagli a quella figura, al Pagliaccio.
*
Haru oltre le nebbie.
Haru cammina tra i suoi pensieri. Haru vede i suoi
pensieri. Vede le parole, ne sente quasi la fragranza; ognuna diversa
dall’altra, ma lieve. Tutto ciò che è dentro lui diventa leggero e vola via. La
nebbia si sta aprendo.
Poi i suoi piedi trovano qualcosa di diverso. Di
familiare. E invece che controllare in basso guarda istintivamente in alto dove
in un turbinio le sue parole, i suoi pensieri, prendono il volo, raggiungono il
cielo trasformandosi in bollicine.
*
Volano, volano, volano verso lo spazio aperto, Che ho
fatto finta di non vedere. Troppo, troppo, troppo. Come scoprire le carte poco
per volta. Come guardare il corpo dell’amata scorrendolo lentamente. Per far
durare il piacere. No, no, non c’è la mia amata qui. Non ha corpo, nome; né
porta interesse in questo momento perché sono di fronte allo spazio aperto.
L’altipiano brullo su cui mi trovo è diventato una lingua di roccia, un
trampolino di pietra dura e chiara sospeso nello spazio. In alto a destra,
vicina, una luna grande come un palazzo. La si può quasi toccare. Ma sto
seguendo le mie bollicine ora. I miei pensieri. E poi un roboante suono nasce.
Si fa riconoscere. Come un’enorme folla rumorosa. Un boato tanto forte quanto
lontano: un lungo serpente, una via lattea, un fiume fatto da un’infinità di
bollicine più grosso della luna che si muove in una lentissima caduta verso non
so dove. I miei pensieri, i miei ricordi, le mie parole con le mie immagini
sono lì, ora.
Il movimento di qualcosa mi distrae ed esco dallo spazio.
Sono nuovamente sull’altipiano brullo. Al confine col precipizio che per la
prima volta osservo: la roccia si butta capofitto nel nulla. Il nero più
assoluto, il buio. Ma, poco prima di perdermici dentro vedo luce con la coda
dell’occhio – dell’occhio sinistro, in alto a sinistra. Luce fuori dal buio
assoluto. La seguo con un movimento della testa e vedo un paesaggio che mi crea
un Ohhhhh. Mi distraggo. Guardo quell’’’Ohhhhh’’ diventare una bollicina
contenente l’immagine di una spiaggetta da cartolina più bella di quella in cui
andavo nei sogni con mia madre…mia madre? (*****inserire flash*****). La
bollicina prende il volo ma non la seguo. Torno a guardare ciò che ha prodotto
quell’’’Ohhhhh’’.
Una spiaggetta abbracciata da piccoli scogli e un
boschetto retrostante. Gli scogli del lato destro portano al buio fitto – lo
stacco con la luce della spiaggetta è quasi netto, come entrare in un pozzo –
della scogliera alla cui cima c’è l’altipiano brullo con vista sullo spazio, la
luna e quella specie di fiume/via lattea – Ohhhh, ripete Tamun, vedo Tamun, chi
è Tamun? – a cui ora do le spalle mentre osservo cosa c’è sotto.
Gli scogli del lato sinistro portano a una collinetta verde
da cui proviene una luce abbagliante. Quasi abbagliante. La si può guardare
senza dolore. Il quadro è chiuso dal boschetto retrostante la spiaggetta, alla
sinistra del mio punto di vista. Il boschetto sembra vivo. E diventa poco per
volta sempre più maestoso e tetro. – Sei
didascalico anche quando sei poetico, che frana che sei, amore…
Tamun?
*
Haru sospeso nello spazio.
Muove un braccio e il suono di un violino accompagna il
suo movimento. Rotea le dita che partoriscono suoni di uno xilofono; Haru
sorride beato. Poi si trova in uno spazio vuoto e bianco tenendo per mano una
bambina. È la madre. La riconosce nonostante la sua memoria, Amore ce l’hai
fatta.
A fare cosa mamma?
Hai trovato ciò che cercavi.
Questo posto vuoto?
No, la spiaggetta, la scogliera, lo spazio, il boschetto…
Questo posto esiste? È qui che dovevo arrivare mamma?
Sì, amore, vieni.
Nello spazio vuoto ora c’è il loro appartamento di Osaka.
Il padre alla porta che li aspetta e la madre che non più bambina ma giovane
donna lo guida all’interno.
Entrando in casa è lui a diventare giovane e la madre
vecchia così come il padre nel sogno passa dall'esserci come adulto e poi
bambino al farsi mancare da morto.
In pochi pensieri rivive la sua famiglia nella presenza e
nell’assenza, nella giovinezza e nella vecchiaia. Amarsi e perdersi, vicinanza
e lontananza, ragione e abbandono: tutto è indispensabile, tutto è vita.
Con questo pensiero Haru abbandonò con un sorriso la sua
casa e i suoi genitori ritrovandosi nuovamente senza memoria nel posto dov’era
prima.
*
Ma qualcosa si muove sulla spiaggetta. Ciò che mi ha
distratto, chiamato. È un uomo. Sarà nuovamente il Pagliaccio. Haru non poté
non notare che l’unico ricordo stabile che aveva era quello dell’incontro con
quel bizzarro personaggio avuto in questo posto.
Gli sono davanti.
Non sono più là, ora sono qua, nella spiaggetta. Di
fronte al mare. Che è un buco allo stomaco. È piacevole? Pauroso? No, no è solo
enorme. Insieme a lui. Che non conosco, Non ti conosco.
Neanche io.
Non ci riconosciamo, anzi, giusto?
Sì, lo penso anch’io.
Un sorriso cordiale. Un uomo piacevole, si direbbe. Ma
non si direbbe nulla più.
Ci guardiamo pochissimo. Quasi delusi. Ma sinceramente
sorridenti. E allora torniamo a guardare il mare, uno affianco all’altro.
Strabuzziamo gli occhi, colli protesi in avanti. Ci guardiamo e rigiriamo
immediatamente. Scrutiamo due bollicine elevatesi dalla superficie. Scoppiano e
al loro posto ci sono ora due fiammelle. Fumo dell’acqua vaporizzata al loro
contatto, a ogni moto ondoso.
Avanzano verso di noi. Fino a trovarsi di fronte ai
nostri nasi. Indietreggiamo d’istinto. Poi ci sorridiamo e facciamo un passo
avanti. La fiammella entra nei nostri crani.
La memoria qui non serve, vaga come uno stato d’animo. E
quando ve ne è necessità la si viene a cercare e proprio qui, nel mare. Disse
il professore.
Lì dentro c’è tutto, Haru, rispose indicando il mare. I
ricordi che volano nello spazio insieme alle idee, ai sogni e alle immagini
cadono nel mare e dal mare ci tornano.
Questo è il grembo.
Degli dei, Haru.
*
Esploratori, incontri, il super Es di
Jasper, il fiuto di Jasper
Strade diverse che portano nello stesso luogo, come la
vita, come la morte e come quindi, il mondo dei sogni e forse l’aldilà.
Haru e il professore cercarono nei sentieri dei sogni
quei percorsi mentali e quei luoghi in cui possono trovare altre persone. A Jasper bastò
pensarci.
Strade diverse che portano nello stesso luogo ma
l’esserci arrivati con percorsi differenti farà loro dare interpretazioni diverse.
Per il
professore LAP ha permesso loro di sbirciare l’aldilà.
Haru non è tipo da cercar definizioni ma quando gli fu chiesto dal professore
Haru disse non avere le idee chiare e che forse LAP lo ha aiutato a scoprire
nel mondo dei sogni una realtà alternativa a quella conosciuta senza pensare
che questo posto possa esistere al di là della sua esistenza dopo la morte
corporea, Come
se il pensiero dei propri cari permettesse, in vita, di vivere ancora i propri
affetti perduti.
Un aldilà che esiste solo nei pensieri dei vivi che
evocano i morti? gli chiese il professore.
Può darsi, rispose Haru non troppo convinto o forse
meglio, interessato.
E per Jasper? Jasper aveva trovato o forse incontrato la
spiaggetta altre volte. Non ha mai pensato che quel posto esistesse davvero ma
che fosse semplicemente una costruzione mentale di Haru o del professore (o di
entrambi? Ma questo pensiero gli provocava altri pensieri che lo infastidivano
e gli mettevano dubbi angoscianti) che lui avesse scovato esattamente come
riusciva a entrare nei sogni di altri. Il loro impero insomma, il loro
sfigatissimo e noioso impero, regnuccio, mondo dei sogni da cartolina da due
soldi… ciò che davvero interessava a Jasper era quest’ultima meravigliosa
scoperta, il suo prossimo potere: entrare nei sogni degli altri. Un potere più
sconfinato di quello che si possa attribuire a un dio.
Da un po’ di tempo la costruzione del suo impero si era
fermata nel tentativo di acquisire questo fantastico potere grazie al quale
avrebbe potuto definitivamente elevarsi e comandare l’umanità. Gli utilizzi di
questo potere erano tanto vasti da far perdere la testa anche a lui, Devo
imparare e gestire questa cosa perché mal utilizzato questo potere potrebbe
crearmi problemi. Essere riconosciuto! Cercato, messo al bando…no no no, bravo
Jasper, controlla, controlla, prevedi, domina.
*
Ed era vero: Jasper aveva trovato la spiaggetta
esattamente come il professore e Haru prima di lui. Ma se ne disinteressò;
Jasper non capì la vera essenza di questo luogo e concentrò invece tutto il suo
impegno nel cercare di capire come trovare le altre persone. Annusò l’immenso
potere di questa facoltà e ne fu attratto come mai prima.
Ma come fece Jasper a trovare gli altri, lui che è
l'iperbole del egocentrismo? Lui che ha piantato un riflettore nel suo cranio e
si è poi sdraiato a contemplare la magnificenza del suo spettacolo? Semplice,
imparò ad annusare le persone dal vivo e come un cane capì come trovare quelle
persone che utilizzavano LAP nei sogni. Li fiutava letteralmente.
È il super inconscio il potere di Jasper. Quello che gli
ha permesso di creare il suo impero e di trovare le altre persone che
utilizzavano LAP. Per la prima volta si meravigliò di se stesso andando a
fomentare il fuoco del suo egocentrismo.
Il suo io è
strabordato tanto da percepire le altre coscienze. I poteri di Jasper gli permettono
di fare e costruire cose che gli altri non riescono. Haru e il professore con
fatica riescono a trovare altre persone nel mondo dei sogni perché sanno vagare
in questo posto e trovarle in quel particolare luogo che è la spiaggetta mentre
a Jasper basta pensarci.
Il mondo dei sogni semplicemente non dispone di mezzi per
contrastarmi. Questo pensava fra sé e sé Jasper.
*
Acquisito questo potere e resosi conto che per la prima
volta nella sua vita doveva pazientare Jasper decise di rallentare i suoi ritmi
e cominciare a studiare, a sbirciare il mondo dei sogni che Haru o il
professore (o entrambi) erano riusciti a costruire. Ora era in grado anche di
pazientare in quanto il premio era poter finalmente comandare l’umanità in un
modo in cui neanche i soldi (che stava comunque accumulando insieme al Lord e
ad Haru in modo spropositato) avrebbero mai potuto. Diventare il dio dei sogni
degli uomini, guidarli, comandarli e far capire loro quanto la dittatura di
Jasper fosse la schiavitù migliore a cui potessero ambire.
In questo nuovo stato d’animo concentrò i suoi sforzi
nell’imparare poco per volta e con cautela a entrare nel mondo dei sogni degli
utilizzatori di LAP, imparare a pilotarli e, di conseguenza far lo stesso col
traditore Haru e l’impostore professore. Il meccanismo non gli era chiarissimo
ma era lì, funzionava. Gli bastava parlare con un utilizzatore di LAP per
riuscire a insinuarsi nei suoi pensieri e poi una volta dentro il suo grembo,
il suo impero, con un leggerissimo sforzo pensando alla persona desiderata, se
in quello stesso momento quella persona stava usando LAP lui riusciva a
trovarla.
Jasper imparò a trovare la spiaggetta agevolmente e
riconobbe che per quanto “sfigato” questo posto era rilassante e adatto alla
sua rinnovata calma.
Jasper ammirò lo spettacolo dello spazio gravido di
quell’enorme fiume di bollicine col loro moto quasi impercettibile. Giocò coi
movimenti che creano musica constatando come anche lui avesse creato nel suo
impero un luogo simile in cui, ad ogni movimento corrisponde un suono: chissà
che musica pallosa generano quei due sfigati…
Jasper crede che infatti il professore ed Haru siano
semplicemente rimbambiti da quel luogo. Trovava molto gradevole l’atmosfera
particolare di quella spiaggetta, stranamente grottesco il boschetto (quello
dovrebbe essere un luogo pauroso, dove vivere avventure? Se mai vedessero i
miei campi di battaglie perderebbero il sonno per sempre!). Jasper un giorno
vide anche la spiaggia del sole che ovviamente snobberà senza visitarla pensando
che come luogo di festa fosse davvero infantile e limitato rispetto alle sale
dei giochi del suo castello dove si alternano giochi di tutti i tipi a orge
senza fine.
Insomma, Jasper pur attratto dalla spiaggetta non
riusciva a uscire dai suoi pregiudizi.
*
Jasper in uno dei suoi ultimi sogni aveva incontrato Haru
in un altopiano brullo di fronte alla luna e poi il professore nel boschetto.
Non bada alle strane sensazioni di quei posti perché è concentrato nel non
farsi vedere ed eccitato dal riuscirci.
***
Messaggio di Jasper ad Haru
Ciao sorellina,
LAP mi ha reso un
dio a tutti gli effetti e tu e quel coglione che quella sera ha avuto solo ciò
che si meritava avete creato un posto carino, stucchevole ma carino.
Complimenti siete tenerissimi!
Buh! Vi ho trovati!
Risposta di Haru a Jasper
Suppongo che tu
abbia trovato la spiaggetta. Non hai capito però che non abbiamo creato proprio
nulla ma lo abbiamo semplicemente trovato. Abbiamo già parlato di questi
messaggi che ogni tanto mi scrivi e ti chiedo ancora di tenermi a parte delle
tue cose; mi pareva che fosse tutto chiaro e spero che lo sia ora una volta per
tutte.
*
Hanno trovato quel posto prima di me? Quel posto esiste
davvero? Che vuol dire? È una struttura del subconscio, come il Pagliaccio.
Meccanismi di difesa. Non lo hanno capito e non lo capiranno mai. Intanto non
sanno che ho visto e sono entrato nei sogni di Maia spostando quella foto dal
comodino e sostituendola con una mia, che ho visto quel balordo di Stefano
mentre si faceva la cuginetta e che sono entrato nel suo sogno facendomi
riconoscere, mi chiamava Mio Signore, mentre mi facevo la cuginetta al suo
posto mentre lui era sbalordito dalla mia presenza come lo sarebbe stato ancora
di più quando da sveglio gli ho raccontato che quel sogno era vero, che ero
davvero io e che l’ho voluto mettere a conoscenza del mio potere per omaggiarlo
della sua fedeltà e per renderlo mio schiavo. Quel ragazzo ha acquisito buone
capacità grazie ai miei consigli sul come usare LAP ed è avido e pauroso, sarà
il mio primo e fidato schiavo.
Il professore ed Haru non sanno quanto ormai tutto ciò
per me stia diventando un giochetto facile facile. I miei sudditi, i miei cani,
stanno spargendo il mio verbo ovunque, raccolgono informazioni sui nuovi utilizzatori
di LAP (che ormai sono migliaia) per potermi dar modo di entrare nei loro
sogni, di fiutarli nel grembo, non sanno che poco per volta dopo essere
diventato il dio dei sogni diventerò il padrone dell’umanità.
Jasper e il
Pagliaccio
Non c’era nulla da fare, quella spiaggetta è fatta per
trovare conforto. Roba da sfigati ma comunque utile e ben fatta.
Jasper pensava questo della spiaggetta e ci veniva spesso
quando gli veniva la malinconia causata dal pensiero per Maia. Aveva paura di
incontrare Haru o il professore ma aveva capito che incontrarli o no in quel
posto dipendeva solo dalla sua volontà. Veniva quindi su questa spiaggetta a
sdraiarsi davanti al mare. La sensazione era gradevole. I suoi pensieri
venivano annegati nel mare e non faceva altro che guardare il moto ondoso e a
volte fumare. Aveva imparato a rifugiarsi in questo posto piuttosto che, come
sempre, in rabbia e sesso. Sapeva bene quanto fosse importante rilassarsi e non
far nulla e lui in qualsiasi arte riguardante il cazzeggio era un maestro. Si
trova da dio nella spiaggetta e gli dava fastidio non averla creata lui. Gli
dava fastidio che il professore e Haru l’avessero trovata prima di lui, ma
probabilmente semplicemente avevano più necessità di conforto...perse la calma
e il mare diventò odioso, Cosa vuol dire “averla trovata prima?”. Sto forse
impazzendo? Questo posto non esiste, sono solo nel sogno di Haru e del
professore, l’unica cosa che non capisco è come facciano a condividere lo
stesso sogno…quei dannati… Un’ombra, lo coprì, Lo stai facendo male, non sai
rilassarti davvero.
Oh, il pagliaccetto amico dei bambini. Pagliaccio o uomo
duro? Perché ti intrufoli ovunque e vai in giro in pigiama? E perché ti
chiamiamo tutti “Pagliaccio”?
Mi pare che tu te le sia già date queste risposte.
Chi sei esattamente e perché non riesco a eliminarti
fastidiosa zanzarina? Disse Jasper al Pagliaccio. È bastato perdermi un attimo
e guarda quali trucchetti si inventa la mia testolina. O questa è la casa della
banalità e tu ne sei il capo e creatore? Sei un altro che invade i sogni degli
altri come me Pagliaccetto? Anch’io posso farlo sai. Posso creare anch'io i posti come fai
tu, disse Jasper col fare di chi vuole andarsene via.
I tuoi non sono posti veri e propri sono semplicemente
tuoi desideri espansi e invadenti. E io non invado i sogni di nessuno, accolgo
semplicemente quelli che mi trovano.
Cazzate. Lo sai che avrai vita breve vero? Ti farò
sparire anche dagli inconsci degli altri, creerò nuovi stereotipi perché il tuo
è vecchio, banale e inflazionato.
Non puoi eliminarmi. Questo posto l’ho creato io ed è
casa mia e di tutti quelli che sanno apprezzarlo e usarlo.
Ok, mi sembra giusto, sono in una struttura del mio
inconscio e giustamente il pagliaccetto/maschera dell’inconscio torna a farsi sentire.
Ma comunque tutto ciò non è altro che una piccola stanzetta del mio universo e
quindi…
Quello che stai facendo è pericoloso per te e per gli
altri. Questi posti non sono di nessuno.
Continui ad avere ragione ma ciò che faccio è pericoloso
forse per tutti ma non per me, l’esistenza è un mio sogno e ora ti mostrerò i
miei incubi così capirai chi deve avere paura di chi caro il mio…….
Il Pagliaccio con un dito cancellò la bocca di Jasper che
venne immediatamente risucchiato dalla sabbia e poi scaraventato nel boschetto.
Il Pagliaccio con un ginocchio sul petto di Jasper che
grida di dolore, dal boschetto mille radici escono dal terreno per legarlo a
terra. Jasper smette di gridare, chiude gli occhi e, con un lieve ghigno,
produce unno spostamento d’aria che fa spostare (anche se di poco) il
Pagliaccio e fa strappare le radici. Poi comincia a gridare facendo saltare in
aria il gruppo di enormi aceri attorno a lui.
Perché fai tutta questa scena?
*Veloci immagini degli incubi di Jasper*
Qui ci sono i sogni di tutti. È eccitato, vorrebbe
possederli, controllarli ma avviene il contrario.
La madre che scopa con l’amante.
Jasper coi fratelli e il padre che lo umiliava. Sconfiggere
gli incubi.
Il ripetere l'umiliazione sugli altri. Mi butto dentro.
Ricorda le tue conquiste, il tuo impero. Questo
terrore non è niente.
Sulla madre che offendeva e derideva. E poi Maia, Maia,
Maia. Il professore che si scopa Maia. Haru che si scopa Maia. Dai
di più, esagera, esagera.
Cosa e chi c’è lì? Disse di Jasper guardano una baita in
legno in mezzo al bosco.
Seguirete i miei ordini!
Siete finiti nella tela del ragno tutti
quanti!
State combattendo in modo ridicolo una
guerra che non avreste mai dovuto combattere!
Oddio.
Mamma! Pensi che sia cattivo? Zitto,
moccioso.
Sei sempre stato un
odioso sapputello, insopportabile.
*
Jasper vive una lotta contro gli incubi generati dal boschetto
e dal Pagliaccio. Sembra poterli sconfiggere in momenti in cui la sua lotta
altro non diventa che distruggere tutto ciò che gli sta intorno.
Non mi fa paura. Divertitevi finché potete piccoli
incubi, mostriciattoli, perché non rimarrà memoria di voi. Presto sarò solo io
il pensiero dell'uomo.
Maia che fa coccole al professore. Ragazzini che si
scopano Maia i suoi fratelli, il Lord…no questo fa ridere veramente e poi una
risata che terminerà nella frase: più ti
concentri nell’evitare le creazioni dell’inconscio e più questo diventa forte.
Alimenta il fuoco delle tragedie, del
dolore e questo finirà per scoppiare diventando ridicolo e impotente come
tutto.
Jasper in piedi in mezzo a una tempesta caleidoscopica.
C’è qualcosa che mi limita in questo posto, lo ammetto ma
mai e poi mai avrò paura dei sogni perché io sono il loro nuovo dio e padrone.
Gli alberi tornarono al loro posto e l’aria si quietò.
Jasper ad occhi chiusi. Cerca di sentire l’odore della
sua vittoria. Ma poi annusa altro che lo distrae. Un’altra radice gli blocca un
piede e tempo di accorgersene e arriva il Pagliaccio (con la barba) che gli
taglia la testa con un colpo di accetta bisbigliando all’orecchio di Jasper “sei solo”.
Il corpo di Jasper si ricompone mentre il Pagliaccio guarda
resti di boschetto ancora in fiamme e non ancora rigeneratisi. Jasper crea
deserto attorno a sé bruciando il boschetto che torna a ricomporsi velocemente
alle sue spalle. Jasper ha l’aria soddisfatta anche se non riesce a sopraffare
le forze di questo posto. Guarda il boschetto avvicinarsi, il Pagliaccio che
armeggia con delle immagini tra le sue mani e decide di scappare in volo in
stile Superman. Qui è un avversario tosto, questo posto lo aiuta, è vero, è
casa sua. Ma io sto diventando sempre più potente.
Tutto ciò è fan-tas-ti-coooo! Disse Jasper sfrecciando
nel blu.
*
Il Pagliaccio nuovamente giovane guarda l’immagine di
Jasper che si allontana. Lo sguardo tra il divertito e il preoccupato (?).
Esce dal boschetto volando all’indietro quando qualcosa
proveniente dalla spiaggia del sole attira la sua attenzione: l'immagine della
zattera che passa infuocata.
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